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martedì 25 novembre 2014

Pois viola

Le piacciono le mie cravatte!

A passo svelto mi dirigo verso la migliore boutique della città, sperando di azzeccare il colore anche questa volta. 

Le piacciono le mie cravatte!

La prossima sera sarà mia.

Le piacciono le mie cravatte! 

E mentre cerco nella mia mente un abbinamento tra un merdosissimo golf in cachemire comprato su internet e una giacca dalla dubbia trama vedo una giovane signora,una mamma.
È chinata per terra,sta raccogliendo con la mano impegnata dalla spesa una pallina colorata fatta cadere dal figlio. Che tiene con l'altra. Alza la testa,siamo a pochi metri di distanza. 

Mi blocco. 

Alza la testa. Anche lei si sofferma per un attimo. 

Un occhio livido e gonfio,come dopo un incontro di pugilato. Il colore è viola. Nonostante la pelle scura si nota moltissimo. E lacrima. Non lacrime di tristezza,ma fisiologiche, dovute al freddo e forse all’unguento cosparso sotto la palpebra. Ma il suo occhio triste è un altro, quello completamente aperto.
Ed ha un colore bellissimo.
Ma in quel momento è spento,dietro una patina di vergogna che non dovrebbe avere. 
Si sente umiliata. Si vergogna per quella tumefazione, ha paura di essere giudicata per qualcosa che lei non ha fatto ma che comunque fa parte del suo mondo.  

Un secondo lungo un giorno e ci fissiamo. 

Non c'è bisogno di dire nulla. Non provo pietà. Io odio la pietà. 

Provo rabbia. 

Le guardo anche il labbro ferito. 

Mi sale il sangue alla testa. È proprio vero,la violenza chiama violenza. Vorrei solo difenderla. Trattarlo nello stesso modo. Sbaglierei. Le farebbe ancora del male. 

Eppure qualcosa lo posso fare.

Metto mano al taschino della giacca e prendo il mio biglietto da visita,c'è scritto "Luca Di Nardo fantastico Legal Blogger". Sarebbe stato meglio Praticante Avvocato. Vabbè. 

Non faccio in tempo a darglielo che affannosamente sale sull'autobus. Mi guarda ancora. 

Tornerà a casa,li con lui,e io non potrò tutelarla in alcun modo. Penserà a cucinargli qualcosa di buono, "forse è solo arrabbiato perché non trova lavoro". Si abbracceranno e faranno pace,perché si sa,poi loro si pentono. Ora la lotta si è fatta amore. Ma,ne sono sicuro, durerà poco. 

Fino al prossimo spietato round. 

Ed eccomi davanti al negozio di cravatte. A lei piacciono quelli con i pois.

Ma in fondo... 

Chissenefrega delle cravatte. 

Si fottano i vestiti e i pantaloni all’inglese. 

La bacerò e la bacerò e la abbraccerò. E ancora la bacerò e la bacerò e la stringerò a me. 

Perché è così che deve andare. Mai alcuno scontro.

Se non quello morbido e ansioso delle nostre labbra.

giovedì 20 novembre 2014

Father&Son

Corriamo uno di seguito all’altro. 

E ti inseguo proprio come facevo da bambino. E copio le tue mosse. Acceleri e mi stacchi di un buon venti metri. 

Ma io ho una macchina da 250 km/h e tu un maggiolone degli anni ’70.

Eppure mi dai strada. 

La turbina pompa potenza nel motore ed in meno di un secondo ti sono attaccato al culo. Mi guardi dallo specchietto, i miei stessi occhi. Lo stesso azzurro,la stessa espressione. Metti fuori la mano e mi indichi di avvicinarmi, mi accosto in velocità. 

“Papà quando acceleri la macchina si impenna!”. 

“Non importa, fa fumo”?

"No. Beh a parte qualche fiammata!”

"E allora va bene!”

E riparte. E mi ridà altri 30 metri.

Potrebbe avere anche una Topolino degli anni ’50 sarebbe e sarà comunque un pilota migliore di me. 

Il legame c’è ed è indissolubile in quel momento. 

Cose che solo un maschio e suo padre possono capire. 

Non c’è storia, metto una canzone a paletta per darmi la carica e riprenderlo. L’elastico virtuale che unisce il suo paraurti al mio cofano si accorcia e ancora sono li con lui. 
Il braccio sinistro tiene il volante, ho indosso il suo orologio. Merda stasera sono lui. 
Affiorano tutti gli errori.
Ma in quel momento non mi interessano.

Prendi una curva ad una velocità spropositata, impossibile per quel catorcio che hai sotto le chiappe... ma la segui perfettamente, hai le palle, hai testosterone da vendere. Ma io sono tuo figlio, non ne ho di meno, anzi ora come ora emano potenza da ogni cellula.

Ora tocca a me affrontarla. Metto in terza, il retrotreno mi parte. Lascio l’acceleratore per un secondo e riprendo la curva sgasando. Le ruote riprendono aderenza. 

Ok. Mi sono cagato addosso. 

Siamo quasi arrivati, era da tempo che non mi sentivo così. 
No non siamo uguali, anzi siamo agli antipodi. Eppure una parte del mio essere è anche tuo.

Ma una cosa è certa, quella curva a gomito senza i tuoi insegnamenti non l’avrei mai presa così dannatamente bene.

lunedì 17 novembre 2014

Metempsicosi dei ricordi

Nel presente blog tutte le parole sconvenienti saranno camuffate con perifrasi di dubbio gusto.
Come al solito il racconto non si riferisce a persone, cose, bla bla bla, cani, gatti, bla bla, animali della fattoria, poeti e filosofi illustri, molluschi marini, giocatori di NBA degli anni ’90 ed eventi realmente accaduti. L’autore ha una fervida fantasia dovuta al suo stress cronico da utilizzo sconsiderato di codici commentati. Bla bla bla. 

Ti svegli, il giorno dopo e ci pensi. Come se non fosse mai cambiato nulla, come se fossi ancora un teenager, anche se hai 28 anni suonati.

16 anni. 

La guardavi passare nei corridoi, con le sue amiche, bellissime. I gioielli della terza ragioneria e lei il diamante che ti faceva correre a scuola con il sorriso. In ritardo come sempre. Eppure tu eri l’unico a cui lei sorrideva. Beh a te e al suo fidanzato, un principe Marocchino di 1.98 (che per privacy chiameremo Scottie Pippen).  Pelle nera avorio. Il più ricco. Il più bello. Inarrivabile. 30 cm all’attivo. E ti era anche simpatico, accennavi loro un mezzo saluto con la mano, masochistico, quando ti passavano vicini, ma loro non potevano nemmeno degnarti di uno sguardo, non eri nessuno. 

E la mattina, ogni dannata mattina ti svegliavi con una strana sensazione. Che non le saresti mai piaciuto. Fino a quella notte, in cui chiamasti il tuo migliore amico.

“Ciao Immanuel, hai il CODICE SEGRETO?”

“Ma Catullo... è l’una di notte porca "moglie del maiale",domani abbiamo anche la verifica di fisica, capisci, fisica!”

Per un non ben precisato motivo avevi 8 in fisica. Non avevi mai capito un "membro maschile", ma avevi 8. Misteri della vita. Potevi prendere anche 4,nessun problema”.

“Immanuel ce l’hai sto numero dè telefono o me devo arabbattà peccercarlo?” 

“Catullo, a parte che sai che odio quando parli in romanesco, che sei mezzo siciliano e mezzo austriaco e vivi in Pianura Padana, ma se intendi per CODICE SEGRETO il numero di cellulare di LEI…si ce l’ho. Mi sei costato un sacco di figure di Kopron, ma se è quello che vuoi. Beh ecco…333….ora dormi che domani mi devi passare tutti gli esercizi. Che poi come fai ad essere il migliore della classe in una materia in cui si usa esclusivamente la zona grigia lo sai solo tu”. 

“Immanuel, li mortè, grazie mille”. 


Dritto verso la tua scrivania, iniziavi a comporre le più belle strofe, il rifacimento di una poesia, in stile Rap. Odi et amo. 
Dovevi sorprenderla. In mano il tuo Startac e giù a digitare come un folle in piena notte. 

INVIO.

E si compì il miracolo. Il giorno dopo te la ritrovasti sulla porta della tua classe, appoggiata con la spalla sullo stipite. Ti scrutava, la mano sul viso, con un dito si picchiettava le labbra come per capire chi fossi. Un accenno di sorriso. Le sue amiche dietro ridevano, curiose. Eri riuscito nell’impresa della tua vita. Sentivi le orecchie bollire. Le voci  erano ovattate, non udivi nulla tranne che il tuo flusso sanguigno. Lei ti parlò, una frase, ti bastava . Ci eri riuscito, avevi distrutto il muro invisibile che c'era fra di voi. Saresti diventato il re del Liceo, di te stesso. Come nei film americani. Il bivio,eccolo!
Ma riusciti a distruggere ogni cosa…senza rispondere ti girasti dall’altra parte. Sentivi il suo silenzio dietro di te. Lo stupore sordo delle amiche. 

Non dormisti tutta la notte. 

“Immanuel, ciao sono io”.

“Catullo ……………………………………………….. (la bestemmia più lunga mai udita), sono le tre di notte e mi chiami a casa …………………………(scomodò anche un certo Ganesh), che cosa vuoi ancora?”

“Nun zo che ffà, ho sbagliato tutto, l’avevo in pugno, capisci? E l’ho lasciata andare via…”

“In mano al massimo ora hai il tuo Beagle (noto brigantino della Royal Navy ottocentesca). E comunque ora dormi, vedrai ne farai ancora di errori, ne farai in continuazione nella vita”.

Immanuel è sempre stato dannatamente saggio, da grande avrebbe  certamente intrapreso la carriera di filosofo. 

“No Immanuel non ne farò mai più”. Fu il patto con te stesso.

Cinzia,Pimpa,Rubia,Larga,Mattea, Pecorina,Ginepra,Luganega. Le donne che seguirono. Non facesti più sentire loro alcuna insicurezza. La promessa era mantenuta. 

Ma un dannato sabato...conoscesti LEI. Una nuova LEI. 15 anni dopo. Così dannatamente bella. E nonostante la tua età, tutte le tue storie, le tue donne, le tue sofferenze, tornasti ad avere 16 anni, e parlare delle stesse persone che odiavi dei luoghi che frequentavi e delle serate in discoteca. E ricominciasti a sbagliare ogni cosa. 

“Ciao Immanuel.”

“Ciao Catullo, lo sai che domani devo tenere una lezione all’Università degli studi di Pergamo sulla fenomenologia dello spirito,  e quel gran porco…………………………………………sono le 4 di mattina, ho come un di déjà vu”. 

“Avevi ragione ho sbagliato ancora”.

“……”

“Si, non ricordi?”

“…….”

“Me lo dicesti tu quella notte”

“……..”

“Avevi ragione, però ora so come fare! Loro amano gli errori. E io sono un maestro, cadrà ai miei piedi”.

“almeno lavateli a ‘sto giro, che non ti lavi da un mese abbondante".

“Grazie, ho basato la mia vita su una tua frase. Ma ora ho imparato, domani sbaglierò ancora e ancora”.

“Fa un po’ come te pare brutto squinternato, io me ne vado a letto. Però prima volevo dirti una cosa: ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale”.

Dannato filosofo Hegeliano.


Quanto ti voglio bene.

venerdì 7 novembre 2014

Fast & Furious

Sto camminando per strada e da un momento all’altro inizio a correre, ho in mano un codice, ma corro. 

La cravatta si sposta verso destra e con un repentino cambio di direzione verso sinistra, sono veloce.

Un labrador e la sua ricca padrona seguono il mio tragitto con il loro fare svogliato. Rido. 

Imbocco una stradina, sul muro un giovane graffittaro innamorato ha scritto a caratteri cubitali “stellina ti amo”, più avanti un giovane graffittaro redento aggiunge “stellina bocchinara”.

Cambio di passo, prendo una via in salita che mi porta al centro storico. 

Due ragazzine di 15 anni mi guardano e scimmiottano il mio passo. Gli faccio una linguaccia, si indignano. Mi dispiace avervi rubato la scena. Lo faccio spesso.

Non ho tempo di pensare, non oggi. Sto correndo come un pazzo senza una meta, ed è già questo un bel problema che dovrò risolvere al ritorno. Cambio la respirazione. 

Passo davanti all’albero dove ti baciai più volte. Ci sputo sopra e lancio una moneta contro il muretto adiacente. Atto apotropaico, quasi psicomagico. 

Sento il rumore, o meglio la soave musica di una Lamborghini che mi passa di fianco. Aumento la velocità nonostante inizi ad essere stanco, vorrei raggiungerla. Per un attimo sono più veloce di Lei. Il vecchio pelato alla guida e il figlio raccolgono la sfida, il loro sguardo diventa un ghigno: “siamo più veloci di te, lo saremo sempre”. Sono già all’orizzonte. Ma io mangio la strada con le mie gambe, non ho bisogno di nessun mezzo per correre veloce. 

E finalmente capisco il motivo della mia corsa, una fontanella verde, li a 50 metri di distanza, dove quell’estate ti bagnai dalla testa ai piedi con l’intento di rendere trasparente la tua t-shirt.

Inizio a rallentare

Dove ti dissi che ti amavo e che ti amavo e che ti amavo e che i nostri figli avrebbero avuto degli occhi meravigliosi. 

Mi avvicino sempre di più.

Dove ti strinsi a me per sentire il fresco dell’acqua e il caldo della tua pelle. 

Cammino.

Dove mi scostasti, con fastidio. 

Mi fermo.

Dove mi dicesti che volevi tornare a casa perché ti eri stufata. 

Immobile. 

Dove purtroppo capii ogni cosa, ma feci finta di niente prendendoti la mano.

Apro la fontana. L’acqua scende, non la bevo non la tocco, ho paura di sentire la tua presenza. 

E ora che cosa faccio? 

Potrei tornare indietro sullo stesso percorso dell'andata, con un pò di fortuna troverò un paio di merde che ho calpestato durante la mia corsa, riuscirò a trovare la strada di casa, come Pollicino. 

Oppure potrei chiamarla, per capire dove andare. Va bene lo faccio. Estraggo il cellulare dalla tasca ma goffamente faccio cadere il codice civile a terra. Si apre a metà, dentro dei fogli con il mio ultimo atto di citazione

Il tragitto che mi ha portato fin qui non è stato facile, con il suo saliscendi di emozioni e di prove.

Ma sono qui. Ed ho un atto in mano dannatamente ben scritto. 

Si fottano tutti, prenderò un’altra strada. 

Mi arriva un sms:

-"dove cazzo sei, è pronta la pasta”. 

"Ho preso un’altra strada!”

-"Ti sei perso?”

"Si all’inizio, ma ora so dove andare”.

-"Si ma muoviti perché qui si fredda”.

lunedì 3 novembre 2014

The Perfect Day

Ci sono quelle giornate di merda in cui ti rendi conto che nulla può andare bene. Un po’ come nella pubblicità della cioccolata ciobar in onda 20 anni fa. 
Ok, esci di casa e ovviamente ti rendi conto che la simpatica lampada che ti eri fatto il giorno prima ti ha procurato un altrettanto simpatico brufolo in un posto poco visibile, in mezzo alla fronte. Va bene, pensi. Se le persone sono superficiali sono cazzi loro, ho molto da offrire, sono un diamante allo stato grezzo (ogni tanto una citazione di Aladdin devo farla) ed un ponfettino non lo noterà nessuno. Attraversi la strada e vedi la tua prima fidanzata che ti grida “ ‘a Ganesh”. Cazzo c’entrerà poi ganesh. Ah, il pallino rosso che mettono in fronte le Indiane…il mio s-brufolo rosso... Che umorismo da bar. Però intanto ridi, la battuta ci stava. Culona del cazzo. 
Va bene, nessun problema una umiliazione può bastare. Ma è a quel punto che vedi la donna dei tuoi sogni, la dott.ssa Bigoli.Con nonchalance fai finta di nulla e inizi a leggere il cellulare, lei si avvicina, il cuore pulsa da sotto il Moncler. Ti saluta con un sorriso magnifico, la guardi ed esclami: buonasera. 

Figa sono le 9.00 di mattina. 

Come cazzo ti è venuto in mente. E’ a quel punto che ricordi le parole del tuo migliore amico immaginario modenese: venditi bene Luca, sei un cabarettista mancato. Lo sappiamo tu ed io (e basta).  

“Ah ah, oggi sono proprio simpatico, volevo fare lo spiritoso”. E sullo “Spiritoso” ti scappa la cicca dalla bocca che raccogli con un risucchio. Finissimo.  

Ok me te ne vai alla grande. 

La giornata trascorre con qualche corroborante figura di merda, ma ci sta. Sei decisamente un ignorante, cambierai, studierai da capo procedura civile, esame che all’Università hai forse letto una volta prendendo peraltro un sonoro 28. Come sia stato possibile te lo chiedi ancora. 

Esci da lavoro con la pioggia, le somiglianze con la pubblicità del Ciobar iniziano a farsi preoccupanti. Vedi una ragazzina con un k-way giallo canarino che raccoglie un gattino. “dove c’è Barilla c’è casa”. Ok hai le allucinazioni.  Corri verso casa sperando di non incontrare super viki o il venditore del GIRA GIRA GIRA SCEGLI ROTOWASH. Un signore in macchina si ferma e ti chiede l' indicazione PER IL MERCATONE DELL’ARREDAMENTO DI FIZZONASCO. Corri sempre più veloce mangiando mille tic tac e volete sapere perché è tutta naturale niente è meglio di te. Forse è ora di chiamare tua sorella, un po’ di psicanalisi non farà male. 

Ma è la parte finale della giornata che ti sconvolge. Tra i tuoi numerosi amici di Facebook ultimamente ha attirato la tua attenzione una ragazza che nemmeno conosci, ti sta simpatica. Strano ma vero. Non ci eri più abituato. La contatti così tanto per chiederle cosa stia facendo. E tra una conversazione e l’altra scopri che: conosce tutti i tuoi peggiori nemici, la sorella della tua ex, la zia la nipote e forse pure il cane. Peggio di così.

Desolato dal tuo essere così dannatamente sincero vai a letto, ma ti alzi, hai ancora un "certo languorino" allo stomaco. Ti dirigi verso l’anta dei dolci e in fondo tra un asfittico pain croute e una scatola di Tirlibibi intravedi una bustina Blu. Una miriade di emozioni si insinuano in quella tua testa bacata e ricordi quando tua mamma ti chiedeva, tornato da scuola, come fosse andata la giornata e tu rispondevi:”Oggi ho fatto molto casino e non ho capito un cazzo (e la stessa cosa ti capita dopo 25 anni)”. Per nulla felice lei ti rincorreva per casa lanciandoti qualsiasi cosa avesse a portata di mano (solitamente consistente in uno zoccolo) ma poi, una volta fatta la pace prendeva quella tazzona di latte con il tuo segno zodiacale e la riempiva di quella meravigliosa e profumata e artificiale cioccolata calda.

"Mamma è vero che oggi non ho capito un cazzo, sono scemo?"

"No, sei solo distratto”.

"Cosa mamma?" 

"Nulla dicevo che sei scemo.”