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lunedì 18 maggio 2015

Uvetta fragolina

Come al solito, tutta fiction. Problemi sfinterici compresi. Nomi, persone, luoghi sono frutto della mia immaginazione. Ah comunque il Proctolyn è davvero ottimo. 



E’ incredibile come i lecca culo riescano davvero ad avere successo nella vita, specialmente in ambito lavorativo. Ed è così da sempre.

Avevo 8 anni quando, di ritorno dall'oratorio, con il mio amico Piastrella, incotrai la maestra di matematica. Ci fermò chiedendoci se avessimo svolto i compiti delle vacanze. 
La mia assurda sincerità (che esponenzialmente è aumentata negli anni facendomi diventare il peggior giurista del globo) mi fece rispondere: “beh maestra Smegma (il suo cognome precedente era Magma ma poi preferì cambiarlo per i continui sbeffeggi dei suoi alunni...che non si sa per quale motivo non cessarono NDR) non ancora tutti, mi ci vuole del tempo”. 
Piastrella, che ora di mestiere fa il politico per un partito di rinomata coerenza di sinis-destra-evviva-i-rom-abbasso-i-rumeni-evviva-gli-immigrati-lanciate-missili-sulle-navi-di-profughi-evviva-le-coppie-di-fatto-frosci-demmerda, invece annuì e aggiunse con il suo sorriso smagliante “Certo maestra e ho fatto anche quelli di Luca”. 

Il gelo nelle mie vene, ma anche nei capillari e nelle mie prime emorroidi, che simpaticamente chiamo ancora oggi acini d'uva (anche queste esponenzialmente aumentate con l'età a causa delle ahime imposte "prese di posizione" subite negli anni).

Balbettai qualcosa del tipo: ”P-Piastrella-f-figlio di tr-tr...”. La maestra se ne andò schifata, ammonendomi di essere più ligio al mio dovere e meno scurrile perchè la quarta non era per nulla facile. 

Avevo 12 anni quando, incamminandomi verso la strada di casa con il mio nuovo amico Mauro, in arte Zorro a causa dei suoi fascinosi (alle ragazze facevano impazzire) baffetti prepuberali, incontrai la professoressa di italiano. Accadde ancora, era Agosto, stesso periodo, stessa domanda.

Questa volta ero preparato. Era da 4 anni che rimproveravo a me stesso la mia mancata risposta pronta. 
Ma Zorro mi battè sul tempo bloccandomi come una statua di sale. Oh no, ancora. 

“ Certo professoressa, ho scritto tutti i temi e letto tutti i libri. Il mio preferito è stato il Barone Rampante, ho amato (ma se non sapeva nemmeno leggere NDR) l’incontro del Barone con Viola D'Onda”. La professoressa compiaciuta gli diede un buffetto e poi rivolse il suo sguardo verso di me. 

E il tuo Luca? Cosa ti è piaciuto del libro? 

La guardai, sapendo che avrebbe capito, ed esclamai con tono sicuro:” Dall’alto si sa, si piscia più lontano”.

Silenzio. 

Sono certo non avesse mai letto il libro perchè la mia citazione non ebbe alcun effetto se non quello di farla allontanare. Avrà pensato fossi un delinquente con premature e deprecabili manie. 

Ci sarebbero molti altri episodi da raccontare, perchè gli ungi sfinteri sono numerosi e ci osservano attendendo di schioccare il loro miglior sorriso, migliore del nostro . Chi porta il panettone artigianale più buono a lavoro prima delle feste, chi sa come parlare al professore di turno facendoti sembrare un ignorante, chi prende nel modo giusto segretari e cancellieri per poter saltare la fila, chi ride a battute inutili ma in modo convincente…


Non sono sicuramente Cosimo Piovasco di Rondò e certamente sono il più sfigato-praticante-che-utilizza-pomate-anti-ragade che la storia abbia mai incontrato, ma è proprio vero...dall’alto si piscia più lontano.

domenica 17 maggio 2015

Go away

Il presente post è come sempre pura finzione. Ogni persona, luogo o vicenda è frutto dell'immaginazione del praticante affogato.



Mentre mi incammino verso casa scorgo in lontananza Panarea, il matto della mia zona. 
Tutti conoscono Panarea. 

La mattina ci sveglia con le sue urla, puntuale alle 7.30, con la solita frase: "Vattene via brutta bastarda, vattene via", a volte corredata da qualche sonora imprecazione nel mio dialetto.

Inizio a seguire Panarea. 

Rimango a debita distanza. Oggi per un po’ voglio essere come lui. 
Si avvicina ad un cesto dell’immondizia e con le mani al suo interno inizia a cercare qualcosa. Lo sguardo rivolto verso l’alto, il tatto gli basta. 

Estrae un sacchetto di patatine, qualche fazzoletto. 

Ma poi si blocca. 

Ha trovato qualcosa di interessante. O forse l'aveva nascosto da tempo. Lo ripone velocemente nella giacca stringendolo contro il petto per celarlo alla vista dei passanti. Si guarda a destra e a sinistra geloso della sua scoperta. 
La cosa più incredibile è che sto inseguendo un pazzo con in mano della spazzatura...diminuisco il mio passo e decido di tornare a casa.
E’ a quel punto che Panarea si gira, rivelandomi l’oggetto.

Una bambola. L’accarezza sulla testa. 

Gli occhi di Panarea rimangono fissi sui miei, abbassa lo sguardo sul giocattolo di pezza e accenna un sorriso prima di guardarmi ancora. Mette un dito sulla sua bocca, vuole che faccia silenzio. Non deve svegliarsi. Muove la testa della bambola su e giù, si sta prendendo cura di lei, forse.

Mi sorride ancora e se ne va.


Sarei voluto entrare nella sua testa. Ma è lui ad essere entrato nella mia. Sentivo le sue urla quietarsi e la sua rabbia dileguarsi.

Da quel giorno non ho più visto Panarea.  

La gente della mia via ora sembra più serena. Non io, era la mia sveglia ed ultimamente vado a lavoro più in ritardo del solito.

Sono certo che qualcun altro prenderà il posto di Panarea.

E ci ricorderà come nonostante i nostri lamenti urlati a squarciagola, la solitudine sia tremendamente sorda.


Nota: L'appropriazione di oggetti presenti nei cassonetti della spazzatura integra il reato di furto a norma dell'art. 624 del codice penale.

lunedì 4 maggio 2015

L'outsider

Ogni riferimento a persone, luoghi, cozze, vongole è puramente casuale e romanzata come ogni mio post. Non sono uno scrittore, sono un blogger infelice e felice di esserlo.



Avevo 8 anni quando dovetti scegliere. 

1991, ore 9:00 di mattina, Senigallia, Marche. Il ritrovo della banda dei panozzi era sempre dietro la prima siepe vicino al cortile del mio stabilimento balneare. La banda era composta da Daniele, Marco, Marco2 e ovviamente dal sottoscritto,il più giovane. Avevano tutti tra gli 8 e gli 11 anni. Tutti di città differenti, ma con l’unica passione di giocare incessantemente e di sfidare le bande rivali. I nostri peggiori nemici erano quelli dello stabilimento adiacente, lo stabilimento "Duchi della Rovere". Spocchiosi, arroganti e tutti dello stesso paese. Pertanto ben organizzati e coalizzati contro il loro nemico comune, noi, gli outsider, i forestieri che venivano dalle grandi città del nord e che tentavano di spodestare il loro super potere, il loro monopolio del divertimento. 

Ore 14:00, le mamme ci chiamavano a casa per mangiare le cozze appena pescate dal nostro fornitore di fiducia, il vecchio nonno Ciccino. Il nonno di tutta la spiaggia. Mani ruvide, sempre a contestare tutto e tutti. Odiava i bambini tanto quanto noi odiavamo lui. Il classico rompi coglioni. Ma era il migliore nella raccolta delle cozze, dei cannelli e delle vongole. I nostri genitori lo veneravano, in fondo le cozze gratis pulite a riva con lo scheletro delle lavatrici faceva gola a tutti. Mia sorella quel giorno raccontò ai miei genitori di avermi fatto vedere l’ultimo film di Kubrick, Full Metal Jacket. Un putiferio, mia madre non la fece uscire di casa per giorni. Mia sorella era solita farmi vedere film eccessivamente “adulti” ma era convinta che la mia sensibilità avrebbe filtrato ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, nonostante la mia età. Quel giorno ripensai ad una scena che mi avrebbe segnato per tutta la vita. La scena vede Joker, il protagonista, il più umano di tutti, uccidere la cecchina ferita che aveva decimato la sua truppa,  una sorta di eutanasia. Una cozza mi rimase in gola, tossii per un’ora.
Sembra incredibile dirlo ma ai tempi l’unico modo per comunicare tra le diverse case del mare era utilizzare il telefono a gettoni. Quel pomeriggio ricevetti una telefonata da parte del capo della banda dei Panozzi. Daniele. “Luca vieni alle 16.00, la banda dei Duchi della Rovere ci ha sfidato”. Nonostante l’emozione feci la mia solita pennichella di fronte al mare mentre mia nonna ascoltava le sue telenovelas pornarelle ad altissimo volume. 
Alle 16:30 arrivai al luogo prescelto, come sempre in ritardo. Vidi le due bande in cerchio, intorno a qualcosa…sghignazzavano. Mi avvicinai e vidi la scena. 
Daniele aveva catturato una lucertola e con un accendino la torturava bruciandole varie parti del corpo, passò alla coda, alle zampe e infine al muso. La lucertola aprì la bocca ed emise un sibilo di dolore. 
Ero impietrito. 
Quel giorno capìì che non potevo essere schierato con nessuno di loro. Che avrei sempre odiato la violenza. 
La lasciarono li, sotto il portico dove si erano incontrati, si muoveva a mala pena, agonizzante ed ustionata. Chiusi gli occhi. Tutti intorno a me ridevano perché io piangevo. Mi venne in mente la scena di Full metal Jacket, dovevo farlo. 

Posi fine alle sue sofferenze utilizzando la ruota della mia bicicletta Atala. 

Dissero che l’avevo uccisa, che ero stato io ad ammazzarla quando nonno Ciccino, che già ci scrutatava da tempo, si avvicinò. 

Non mi interessai delle loro parole e dei rimproveri del vecchio cozzarolo, iniziai ad odiare tutti. Vidi mia madre, l’abbracciai in lacrime e le raccontati ogni cosa.

“Le scelte ci fanno crescere e tu oggi sei cresciuto più di tutti loro messi insieme”. Andiamo a casa, ma evita tua sorella per stasera, ha deciso di farti vedere IT. 

“Che film è?”. Dissi asciugandomi gli occhi.

“Nulla, lei sostiene sia educativo, parla di un certo pagliaccio…”.

(Ancora oggi quando apro il rubinetto dell'acqua temo che Penny Wise compaia da un momento all'altro)