Tu probabilmente l’avresti chiamata “la mia solita ossessione” annullando ogni entusiasmo. Il mio sorriso ebete che svanisce sotto l’influsso del tuo sdegno. Che non ti appartiene, o che non ti apparteneva, ma che hai imparato ad amare. Ti ha consigliato bene.
Ma poco importa.
Qui
ora
si parla di immagini, di momenti e di cappotti spostati dal vento.
Si perché
qui
ora
non ci sei tu.
C’è lei.
E lei mi riempie.
Lei guarisce.
Lei si plasma, lei comprende e imprime istanti.
Oggi, su quella spiaggia, Infiniti spazi tra me e lei, il freddo che blocca le dita e pensieri lontani non mi hanno ostacolato dal volerla con me.
Ora sono pronto.
Il diaframma si apre, l’otturatore imprime luce alla pellicola.
Nascondo la Polaroid in tasca.
I primi secondi sono essenziali, qui non è questione di filosofia ma di fisica.