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domenica 3 gennaio 2016

Edwin Herbert Land

Tu probabilmente l’avresti chiamata “la mia solita ossessione” annullando ogni entusiasmo. Il mio sorriso ebete che svanisce sotto l’influsso del tuo sdegno. Che non ti appartiene, o che non ti apparteneva, ma che hai imparato ad amare. Ti ha consigliato bene. 

Ma poco importa.  

Qui 
ora
si parla di immagini, di momenti e di cappotti spostati dal vento.

Si perché 
qui
ora
non ci sei tu. 

C’è lei. 

E lei mi riempie. 
Lei guarisce. 
Lei si plasma, lei comprende e imprime istanti. 

Oggi, su quella spiaggia, Infiniti spazi tra me e lei, il freddo che blocca le dita e pensieri lontani non mi hanno ostacolato dal volerla con me.

Ora sono pronto.

Il diaframma si apre, l’otturatore imprime luce alla pellicola.  

Nascondo la Polaroid in tasca.

I primi secondi sono essenziali, qui non è questione di filosofia ma di fisica.