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venerdì 7 novembre 2014

Fast & Furious

Sto camminando per strada e da un momento all’altro inizio a correre, ho in mano un codice, ma corro. 

La cravatta si sposta verso destra e con un repentino cambio di direzione verso sinistra, sono veloce.

Un labrador e la sua ricca padrona seguono il mio tragitto con il loro fare svogliato. Rido. 

Imbocco una stradina, sul muro un giovane graffittaro innamorato ha scritto a caratteri cubitali “stellina ti amo”, più avanti un giovane graffittaro redento aggiunge “stellina bocchinara”.

Cambio di passo, prendo una via in salita che mi porta al centro storico. 

Due ragazzine di 15 anni mi guardano e scimmiottano il mio passo. Gli faccio una linguaccia, si indignano. Mi dispiace avervi rubato la scena. Lo faccio spesso.

Non ho tempo di pensare, non oggi. Sto correndo come un pazzo senza una meta, ed è già questo un bel problema che dovrò risolvere al ritorno. Cambio la respirazione. 

Passo davanti all’albero dove ti baciai più volte. Ci sputo sopra e lancio una moneta contro il muretto adiacente. Atto apotropaico, quasi psicomagico. 

Sento il rumore, o meglio la soave musica di una Lamborghini che mi passa di fianco. Aumento la velocità nonostante inizi ad essere stanco, vorrei raggiungerla. Per un attimo sono più veloce di Lei. Il vecchio pelato alla guida e il figlio raccolgono la sfida, il loro sguardo diventa un ghigno: “siamo più veloci di te, lo saremo sempre”. Sono già all’orizzonte. Ma io mangio la strada con le mie gambe, non ho bisogno di nessun mezzo per correre veloce. 

E finalmente capisco il motivo della mia corsa, una fontanella verde, li a 50 metri di distanza, dove quell’estate ti bagnai dalla testa ai piedi con l’intento di rendere trasparente la tua t-shirt.

Inizio a rallentare

Dove ti dissi che ti amavo e che ti amavo e che ti amavo e che i nostri figli avrebbero avuto degli occhi meravigliosi. 

Mi avvicino sempre di più.

Dove ti strinsi a me per sentire il fresco dell’acqua e il caldo della tua pelle. 

Cammino.

Dove mi scostasti, con fastidio. 

Mi fermo.

Dove mi dicesti che volevi tornare a casa perché ti eri stufata. 

Immobile. 

Dove purtroppo capii ogni cosa, ma feci finta di niente prendendoti la mano.

Apro la fontana. L’acqua scende, non la bevo non la tocco, ho paura di sentire la tua presenza. 

E ora che cosa faccio? 

Potrei tornare indietro sullo stesso percorso dell'andata, con un pò di fortuna troverò un paio di merde che ho calpestato durante la mia corsa, riuscirò a trovare la strada di casa, come Pollicino. 

Oppure potrei chiamarla, per capire dove andare. Va bene lo faccio. Estraggo il cellulare dalla tasca ma goffamente faccio cadere il codice civile a terra. Si apre a metà, dentro dei fogli con il mio ultimo atto di citazione

Il tragitto che mi ha portato fin qui non è stato facile, con il suo saliscendi di emozioni e di prove.

Ma sono qui. Ed ho un atto in mano dannatamente ben scritto. 

Si fottano tutti, prenderò un’altra strada. 

Mi arriva un sms:

-"dove cazzo sei, è pronta la pasta”. 

"Ho preso un’altra strada!”

-"Ti sei perso?”

"Si all’inizio, ma ora so dove andare”.

-"Si ma muoviti perché qui si fredda”.

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