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venerdì 26 settembre 2014

Mortimer il garzone dei morti

C’era una volta tanto tanto tempo fa, quando ancora i politici erano corrotti e le Lobbies esercitavano subdolamente la loro censura e il loro potere, un giovane apprendista becchino. Il suo lavoro consisteva nel caricarsi sulle spalle i defunti, metterli nelle bare, vestirli e addobbarli. 
Nelle retrovie gli anziani proprietari di pompe funebri lo scrutavano, attendendo il suo più piccolo errore per umiliarlo e farlo sentire inutile e sbagliato e fuori luogo. 
"No la cravatta va sistemata così, ci vuole più profumo, i fiori vanno sistemati in un altro modo”. 
Il ragazzo non si scomponeva, sapeva di mettercela tutta, sapeva di non essere in errore. 
Il suo fare così scanzonato, così libero non piaceva affatto. LUI DOVEVA TENERE UN RIGORE CHE SI CONFACESSE AL LAVORO DA BECCHINO. Si insomma, doveva essere un triste musone senza sentimenti. Eppure le anziane che piangevano i loro vecchi mariti si sentivano risollevate vedendolo, le sue battute non erano mai fuori luogo, la gente lo amava. 
Lo amava perché sapevano che quel posto da garzone dei morti se l’era guadagnato con fatica, con il sudore. 
Ma i giovani figli dei becchini, che avevano avuto il loro lavoro unicamente grazie “agli sforzi” (per non chiamarli in altro modo) dei propri genitori lo odiavano.

“Papà”, dicevano.“Perché Mortimer, il giovane garzone dei morti non raccomandato, è così ben voluto da tutti? Ci fa paura, lui svela alle persone come ci si comporta in modo retto, svela le nostre trame, non siamo abituati a un tal genere di cose”.

“Perché fa parte del popolo, e per questo motivo dovrà tornare da dove è venuto”, rispondevano i vecchi becchini. 

Iniziò pertanto nei suoi confronti una campagna fatta di avvertimenti, colpe inesistenti a lui imputate. Un mobbing subdolo e irrispettoso. Promanato da serpi attaccate ai loro troni di fine legno laccato. 

Il giovane non capiva che cosa stesse succedendo, si era sempre comportato nel migliore dei modi. Un giorno venne convocato davanti al capo dei becchini. 
“Ciò che stai facendo non va bene, tu lavori troppo in fretta, hai sempre il sorriso, la gente non vuol questo. Vuole vederti piangere. E così farai, te lo ordiniamo noi”.

Va bene. Rispose. Mi atterrò a ciò che mi dite.

Il giorno seguente Mortimer era li, faccia scura, sulle spalle una bara. Il suo vestito era nero, più nero di quello degli altri. Scoppiò a piangere.
I vecchi becchini lo videro, i figli dei becchini lo videro. 

Sulle loro labbra la soddisfazione.

Ma mentre Mortimer piangeva si avvicinò un bambino. “ Ma tu non sei il garzone dei morti, quello che ride sempre? Sai mia nonna mi ha raccontato che il giorno del funerale di mio nonno gli raccontasti una barzelletta, che passò il tempo a ridere e che le tirasti su il morale”. La barzelletta era la seguente.

Un dittatore, dopo aver emanato delle riforme estremamente rigide, scendette per strada per verificare come procedeva la vita del suo popolo e camminando incontrò un uomo.
"Buongiorno buon uomo, come va la vita?"
"Benissimo caro dittatore, però si sta fin troppo bene".
Il dittatore per nulla soddisfatto di tale risposta emanò riforme ancora più rigide e camminando tra la folla incontrò nuovamente lo stesso uomo.
"Allora buon uomo come sta andando la vita?"
"Benissimo caro dittatore, si sta anche meglio di prima”.
Il dittatore seccato emanò leggi ancora più crudeli, tanto che la gente iniziò a morire di fame. Passando tra le vie della città incontrò ancora il buon uomo.
"Allora come va la vita ora?"
"Benissimo, mai andata meglio!"
"Ma come sarebbe????"Rispose infuriato il dittatore. "La gente non ha più nulla da mangiare, muore di fame tutti i giorni! Ma che lavoro fa LEI?"
"IO FACCIO IL BECCHINO".

Il ricordo della barzelletta, trasformò il pianto del giovane Mortimer in una fragorosa risata, i giovani-becchini-figli-del-potere guardavano i loro padri esterrefatti. 

I parenti dei defunti ad una così sana risata si fecero coinvolgere.

Il giovane becchino con le lacrime agli occhi, lacrime di felicità, guardò i vecchi ed i figli e disse loro:

"Potete sputarmi addosso, farmi paura, cercare di distruggere la mia carriera con metodi vili ed ignobili. Ma io ho dalla mia parte l’amicizia delle persone, la simpatia, la rettitudine.

La libertà di pensiero non può essere arginata, perché è ciò che ci rende liberi. Potete distruggere tutti i muri che volete. Anche quelli invisibili, ma non distruggerete mai ciò che io sono. 

Un giovane becchino che vi ride in faccia. 

Non è la morte che vi spaventa, con quella ci lavorate.  E’ perdere il potere che vi fa paura. 

E allora abbiate paura. 

Perché ce ne sono altri come me, che ridono.

E siamo molti. E saremo sempre di più.




Ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale e frutto di immaginazione. I post non vogliono ledere la sensibilità di alcuno. L'art. 21 della nostra Carta Costituzionale sancisce la libertà di pensiero e di stampa, cardini inviolabili della nostra società e della nostra democrazia.

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