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mercoledì 28 gennaio 2015

Caponata giuridica

Il presente post è come sempre pura fiction. Ogni riferimento a persone, cose, avvenimenti, pic nic, è frutto delle mia inventiva da scrittore della domenica e no ha attinenza con la realtà.

Corro senza sosta con le scarpe della domenica, quelle buone. Le utilizzo anche per le udienze. Mancano pochi minuti alle 9.00, non riuscirò mai ad arrivare in tempo, se non correndo come un pazzo. Ed è ciò che faccio, un 30enne in giacca e cravatta che corre all’impazzata fino al budello di strada che lo porterà in Tribunale, mi vergogno, ma poi mi giro, non sono il solo. Siamo una schiera di maratoneti, chi con in mano un fascicolo, chi la toga, chi un sacchetto dell’Esselunga ricolmo di vivande, forse farà un picnic con alcuni colleghi alle mobiliari in attesa del suo turno. Mistero. 
Riesco ad arrivare puntuale. Spacco il secondo, ho il sorriso della vittoria, vedo anche la praticante che amo dal primo giorno, oggi ho vinto. Ma il sorriso diventa un ghigno nervoso quando scopro che la fila interminabile termina nell’aula del giudice dove è fissata  la mia udienza . 4 fogli di cause appiccicate sul muro. 

Passano 10 minuti, si avvicina il primo collega, quello che solitamente scanso come la peste, il principe delle domande inutili, sicuramente non del Foro.  Mi trattiene per circa mezz’ora parlandomi di come sia sconcertato dalla difficoltà della sua ultima conclusionale. Il primo nistagmo al mio occhio destro, quello che avverte le situazioni di stress. I minuti passano, gli avvocati, i praticanti, i ctp, i cct, i ctm e i plm, iniziano a sudare. Nistagmi come se piovesse.

Siamo talmente incollati da formare un unico corpo, un’idra giuridica sudata, incazzata e puzzolente.

Ma poi la porta del Giudice si apre, una luce potente e bellissima si irradia su di noi che come vampiri ci copriamo esageratamente il viso mugolando frasi di disapprovazione per l'eccesso di radiazioni ultraviolette in una lingua antica ed oscura. Ma in realtà è il cancelliere che inizia a chiamare le parti e a smerciare fascicoli. 

"Signor Uccelloni contro Società Merlottiiiiiii s.p.a.".

"Signor Ugo Buccio contro impresa Dick Ulooooooo s.a.s.". 

Ricordo la stessa scena in Sicilia in un magnifico mercato del pesce.

Pesce frescooooooooooo, triglieeeeeeeeee, triglie beddeeeeee, porca miiiiiinghiaaaaaaaaaaa. 

I fascicoli passano di mano in mano sopra la testa delle parti come Rocker che fanno stage dive. 

Un fascicolo mi cade sul piede, impreco, la gente ride, i loro visi deformati come in un quadro di Goya, il sonno della ragione genera mostri. 

Penso agli anni di studi, alla mia tesi sull’essenzialità delle intercettazioni, alle decine di esami sostenuti, non ultimo quello di Stato. Sogni di Gloria infranti in una giornata da dimenticare. 

Finalmente è il mio turno. Udienza di secondi 25. Dopo 3 ore di attesa, avrei voluto almeno dire qualcosa di interessante, almeno un rutto. Ma nulla. 

Me ne vado depresso, ma poi...sento i canti dei ragazzi del pic nic proveniente dalle mobiliari, “La finisci quella melanzana?” “Si dai Lucio la canzone del sole è sempre un grande classico!”. Sembrano felici. Mi tolgo le scarpe e mi sistemo con loro vicino al cestino in vimini ricolmo di cibarie. 

Tieni un po’ di caponata fatta da mia nonna. 


Che giorno meraviglioso.  

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